mercoledì 28 aprile 2010

RESISTANCE

1944. in un paesino del nord Italia, pochi abitanti divisi fra pescatori e contrabbandieri, la sciura Bianca cerca, tra mille problemi, di mandare avanti la sua trattoria con accluso biliardo. è da poco rimasta vedova, suo marito era riuscito a superare la silicosi (era minatore in Belgio), ma alla fine il cuore non ha retto allo sforzo. in un nord tormentato dalla penuria di approvvigionamenti quale quello dell'ultimo anno di guerra, andare avanti è dura, ma con una bimba di 4 anni da crescere, di scelta non ce n'è. da qualche tempo riceve, anche a ore improbabili, le visite di soldati occupanti, che pretendono di cenare, a volte anche minacciandola con le armi. e naturalmente non si sognano nemmeno di pagare. ma le forniture lei le deve pagare, ed è già oberata di debiti. allora si decide a fare un gesto che i suoi conoscenti definiscono incosciente, da pazzi, specialmente in questo periodo, nel quale la vita sembra non valere nulla. prende la figlia in braccio e va al comando a reclamare quello che le spetta. sa che la potrebbero, nella migliore delle ipotesi, respingere senza usare le buone maniere. sa che la potrebbero uccidere, e anche per questo porta con se la bimba. chi se ne prenderebbe cura se lei non ci fosse più? nessuno, lei lo sa. ma non succede così. a volte la disperazione ottiene dei risultati insperati. il comandante la riceve, le chiede chi siano i responsabili, lei glieli indica, e infine viene rimborsata. se ne torna calma al paesello, che l'aveva ormai data per persa, e che adesso si toglie il cappello. solo più tardi, o più probabilmente mai, si chiederà quanto coraggio ci sia voluto. sarà lo stesso coraggio con il quale, qualche mese dopo, scaccerà in malo modo dei baldi giovanotti che, in un impeto di "patriottismo", avevano deciso di rapare a zero una ragazza di 16 anni, che era fuggita terrorizzata nella sua trattoria. a lei non interessava chi aveva vinto la guerra, non le interessavano le ideologie, semplicemente pensava che non potesse esistere motivazione valida per un atto così vigliacco, barbaro e insensato, non meno efferato di una violenza carnale, e troppo simile a quella brutalità di cui si accusava "il nemico". e ancora, qualche tempo dopo, sarà l'unica ad offrire un impiego a una donna che era stata davvero sul carro delle "rapate". perchè alla sciura Bianca non fregava niente della politica, di chi aveva vinto e di chi aveva perso, ma le importava di aiutare un'amica. perchè la resistenza non è slo quella che si fa con il fucile in mano, ma soprattutto quella che si combatte contro la metà oscura della natura umana, che cova dentro ognuno ed aspetta solo il momento di rivelarsi in tutta la sua nefandezza, spesso al riparo di una bandiera, quale che sia.
questa non la trovate sui libri, ma è storia.

4 commenti:

  1. Te l'ha raccontata sicuramente qualcuno che ha vissuto in prima persona.

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  2. Storia interessantissima ed esemplare. Si può chiedere se la sciura Bianca la conoscevi, o son quelle cose più belle se restano vaghe, se si prova a immaginare, azzardare un'ipotesi... :D

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  3. la conoscevo si...era mia nonna. quando mia mamma (la bimba in braccio a lei) mi racconta queste cose, pendo letteralmente dalle sue labbra. alla sciura Bianca non piaceva troppo ricordarsi di quel periodo, ma me lo son fatto raccontare lo stesso (da piccolo, chissà perchè, le storie di guerra t affascinano sempre). se il DNA non è un'opinione, spero di avere ereditato qualcosina...

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  4. mi rendo conto che a dirlo adesso non vale, però avevo proprio azzardato quell'ipotesi... :D

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